Uomo

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12 aprile 2015

ANDAR VIA






La prima cosa che mi ha colpito sono stati i suoi occhi 
che chiedevano comprensione ostentando il coraggio 
di chi riesce a sopportare. 
A superare.
Mentre dispiegava le parole proprio come si fa con una 
pergamena che contiene indicazioni per tesori nascosti da scoprire... 
era attenta che io la continuassi a guardare negli occhi 
reclamando attenzione incondizionata e nello stesso 
tempo assumendo quell'atteggiamento di ringraziamento  
e considerazione del tempo impiegato, necessario per ascoltare.

Non riuscivo a distrarmi dallo snocciolio di frasi e 
sensazioni, sentimenti e dolore di quella donna non più 
giovane che conosco da non molto tempo. Eppure sin 
dal primo giorno che ho incontrato il suo sguardo e che 
sono entrato in casa sua mi è sembrato di conoscerla da 
sempre, forse perché somiglia per carattere a mia nonna, 
e da subito ha anche lei compreso e mi ha 
sempre fatto parte delle sue storie e delle sue 
impressioni, della difficoltà che aveva per le forze non più 
sufficienti a badare il serio malessere del marito che non 
riusciva più neanche a stare in piedi ma alternava 
degenza ospedaliera e casalinga per quella regressione 
implacabile e continua che oramai aveva preso il sopravvento. 

...Era andato.

Strano silenzio in quella casa contraddistinto dalla stanza 
in fondo non più illuminata nella quale più volte lei aveva 
chiesto di recarmi per salutare e farmi sentire da quello 
che somigliava sempre meno ad una persona e più ad 
un passeggero in partenza.
Compita ed ordinata, quasi elegante...stava per uscire, 
ma mi ha invitato a sedermi e siamo stati un pò e ci 
siamo guardati e detti delle cose.
Vicino alla porta quasi giustificandomi nel fatto che ormai 
avevo aperto e che quindi dovevo andare, perché anche 
se vestita e pronta indugiava, raccontando di lui, che 
ormai l'aveva lasciata

' E' arrivato il suo tempo' ...sono state le ultime parole che 
sono riuscito a pronunciare, dopo quelle un silenzio assordante.
Così ci siamo accomiatati.